“Teatro del fiume”, la biografia “Teatro del fiume” nasce nel maggio 2013 per volontà di un gruppo di sopravvissuti ad un laboratorio teatrale svoltosi durante l’inverno precedente per mirabile opera della Compagnia teatrale “Teatro Roncade” di Roncade (TV) diretta da Alberto Moscatelli. Scrivo “sopravvissuti” perché uno dei temi dominanti del corso/percorso svolto dai fondatori era il viaggio avventuroso e immaginifico di una ciurma in mare, a caccia di una balena mitologica: Moby Dick. Ed è così che dopo lo scampato naufragio ed il sapore forte dell’esperienza condivisa, Marzia, Maura, Micol, Gabriele, Gerardo, Marco e Christian decidono che qualche altro tratto di strada insieme poteva essere percorsa, magari non più in mare, ma lungo il corso di un fiume… Ebbene, vista la premessa, i nostri sette lupi di mare si incontrano per la prima volta nella precoce calura di maggio 2013 per scegliere un tema che li potesse accomunare tutti, che potesse dare un senso alla loro volontà di continuare a camminare insieme. Alla nascita di “Teatro del Fiume” mancavano ancora due ingredienti fondamentali: un regista, il visionario, colui che avrebbe trasformato la realtà materiale e concettuale in immagini sceniche e un tema forte su cui costruire un progetto in cui canalizzare le notevoli energie del gruppo. Entrambi questi componenti della ricetta arrivarono quasi per caso, un autentico caso di serendipità. L’incontro con quello che diventò il futuro regista, Vilfred Moneta, avvenne una sera del luglio 2013, il 18. Era giovedì. Vilfred e Marco si erano incontrati in un laboratorio teatrale condotto da Vilfred. Marco intuì che Vilfred poteva essere il trait d’union per creare una nuova realtà. La parola magica portata da Vilfred che aleggiava tra i partecipanti a quell’incontro era “Astaroth”. Sembra la parola d’ordine per entrare in un labirinto egizio e invece è il nome di un mitologico angelo-diavolo che per azione della geniale penna di Stefano Benni si è trovato improvvisamente in una sorta di non-luogo post mortem a giudicare e destinare le anime dei morti a seconda delle azioni che hanno compiuto in vita…semplicemente geniale. In quei giorni, altra incredibile casualità, Christian incontra a Longarone il Maestro Gianfranco Volpato, in occasione di un saggio della scuola di musica cittadina. La parola d’ordine di quest’incontro è Vajont. Il 2013 è stato l’anno del 50 anniversario e l’argomento stimola tutte le menti creative a creare eventi commemorativi più o meno intensi. Le iniziative si moltiplicano, i cartelloni si riempiono, l’occasione è ghiotta, ma serve l’idea giusta, l’idea che sposti un ulteriore componimento artistico sul Vajont dal filone pietistico divenuto ormai un ritornello quasi insopportabile. In questo senso l’incontro con Vilfred è stato decisivo: e se si applicasse il “teorema Astaroth” alla storia del Vajont? Perché non raccontare la storia del Vajont attraverso un processo svolto dalle anime dei morti, periti nella tragedia, ai carnefici, progettisti, costruttori della diga e autorità in carica all’epoca dei fatti? Già, perché no? Perché no? Dal giorno di quell’incontro il treno è partito a tutta velocità, il gruppo si è arricchito di nuovi personaggi, Luisa Zara, per un breve periodo Celestina poi sostituita da Rino, il testo è nato e cresciuto velocissimamente, le ricerche storiche hanno spinto così in profondità lo studio degli eventi che ad un certo punto la sovrabbondanza di elementi avrebbe permesso di scrivere tre spettacoli sul Vajont tutti diversi. Il titolo è arrivato da solo, era già scritto quasi per intero tra le carte di Maura. Giaceva in un articolo di Tina Merlin, sono parole sue: “Una rabbia più grande della pietà”. A noi è bastato aggiungere “Vajont” come premessa alle sue parole e nulla più. A questo travolgente treno in corsa mancava solo un nome. Doveva essere un nome che richiamasse l’elemento dominante di tutta la spettacolo. Erano mesi che si parlava di bacini idroelettrici, di dighe, di corsi d’acqua, di centrali idroelettriche. Si conosceva a memoria l’opus maximum di M. Reberschak “Il grande Vajont”. Venivamo tutti dall’esperienza teatrale dello scampato naufragio in mare alla caccia di una balena. Avevamo narrato di un paese che giaceva ridente sulle rive del un Fiume Sacro alla Patria. Avevamo animato con il nostro racconto la folle corsa di un lago verso il mare a raccogliere e strappare la vita di quasi 2000 persone. Persino il nostro punto d’incontro settimanale si trovava sulle rive di un fiume seppur placido e mansueto, il Sile. L’acqua era il nostro elemento. Ma non una qualsiasi, la nostra era l’acqua di un fiume. Era dunque naturale come bere un bicchiere d’acqua che la nostra compagnia si chiamasse “Teatro del fiume”. Inserito anche l’ultimo tassello, “Teatro del fiume” poteva finalmente andare in scena. E l’occasione non tardò ad arrivare. Il 22 marzo 2014 (giornata mondiale dell'acqua) all’auditorium “E. Vidotto” di Maserada sul Piave (TV) è andata in scela la prima di “Vajont, una rabbia più grande della pietà” diretta da Vilfred Moneta. Tutto esaurito. Presenti in sala molti ospiti illustri, tra i sopravvissuti alla tragedia e autorità della città bellunese, teatro nel 63 della tragedia. La seconda occasione si è presentata il 30 maggio a Monastier di Treviso (TV) presso l’auditorium del Centro Polivalente. Anche qui, nonostante il maltempo, ottenemmo il pienone. Presenti in sala ancora una volta altri testimoni della memoria e sopravvissuti. Ricorrente l’apprezzamento per la perfetta ricostruzione storica degli eventi e la crudezza narrazione a testa alta e senza timore. Tra una replica e l’altra il gruppo perde uno dei fondatori, Marco, e acquista un nuovo elemento, Paolo Bertoncello. La squadra fa quadrato e si rimette al lavoro per riequilibrarsi e riprendere slancio. E ci riesce. Dulcis in fundo, e siamo arrivati ai giorni nostri, “Teatro del fiume” è stato ospite del CAI di Mestre (VE) e “Vajont, una rabbia più grande della pietà” è andato in scena al Rifugio Galassi, sulle Dolomiti venete, alla base del Monte Antelao, nel cuore del palcoscenico più suggestivo del mondo. Uno spettacolo nello spettacolo a oltre 2000 metri. Una scenografia completa trasportata dalla campagna trevigiana e ricostruita pezzo per pezzo lontano dal mondo civile. Domenica 17 agosto, dopo giorni di pioggia insistente, il sipario si è alzato e le voci dei protagonisti hanno cominciato a risuonare ed echeggiare tra le rocce... Alla replica domenica 12 ottobre a Trichiana (BL), paese natio di Tina Merlin, nel quale respiriamo una particolare aria di libertà, segue a poca distanza la replica di sabato 29 novembre 2014 a Ponte Nelle Alpi (BL) presso il teatro “Pierobon”. Replica ufficialmente inserita all'interno della piccola rassegna teatrale di quattro spettacoli, facente parte degli eventi finali del 51 anniversario dalla Strage. Un ufficialità composta da Regione Veneto, Associazione Tina Merlin, Fondazione Vajont e comuni di Ponte nelle Alpi e Logarone. L'acqua teatrale del nostro gruppo fluirà presto in corsi di cultura teatrale, di recitazione, di scrittura autobiografica ed altro che “Teatro del fiume”, dal 31 ottobre divenuto ufficialmente Associazione Culturale, ha intenzione di attivare sul territorio di Maserada (TV), cittadina divenuta centro di attività della compagnia. L'impegno creativo prosegue e i prossimi passi teatrali saranno in direzione di uno spettacolo incentrato sul “cibo”. Il fiume scorre.